venerdì 4 aprile 2008

La storia di Rama e Prianka

Oltre i 35 pannelli con foto e poesie, Donne di Vrindavan offre al visitatori altri pannelli con approfondimenti, tra cui quelli con le testimonianze raccolte da 15 delle donne fotografate. Le interviste sono state realizzate da Tamara Farnetani; Kishan Bal, 22 anni, studente all'ultimo anno di lingue francese e inglese all'Università di Agra, ha curato la traduzione delle testimonianze delle vedove; Daniele Passerini ha ottimizzato in italiano le trascrizioni.

Con un sorriso stendiamo un filo
da un cuore all'altro
ad asciugare lacrime brune
dentro la luce.

UN CLICK SULLA FOTO PER INGRANDIRLA

C'era una bellissima bimba sulla scalinata del Tempio di Govinda; sedeva composta, pulita e ben vestita. Mi sono avvicinata con l’interprete e le ho chiesto cosa stesse facendo lì tutta sola...


PRIANKA, 10 anni, parla Bengali e Hindi

La mia mamma va a salmodiare all'ashram da pochi mesi, io ogni mattina e pomeriggio l’aspetto qui fuori. Siamo venute a Vrindavan due anni fa con mio padre che aveva affittato un riskhò (*); perché qui è comunque più facile vivere che nel Bengala Occidentale.
No, papà non è morto, non so più niente di lui ma credo che faccia sempre l’imbianchino a Calcutta. Purtroppo lui è un alcolista e gli piace anche giocare d’azzardo. Spesso la mamma lo supplicava di smetterla e di cambiare vita, ma lui niente e alla fine ha preso la sua roba ed è tornato a Calcutta.
Se puoi fare delle foto a me e mia madre?
Dipende da cosa dice lei. Vieni a trovarci all'ora di pranzo, noi abitiamo a pochi minuti da qui; ti spiego come arrivare...

RAMA, 35 anni, parla solo Bengali.

La madre di Prianka, è una donna giovane e dai lineamenti delicati, con un bel sorriso e capelli lunghissimi. Durante l'intervista madre e figlia scherzano tra loro e sembrano molto unite. A conferma del racconto della bambina, Rama ha il sindoor, la riga rossa all’attaccatura dei capelli che di solito si dipingono solo le donne sposate, ed indossa un sari colorato (non quello bianco delle vedove). Le donne rifugiate a Vrindavan tendono ad organizzarsi in piccole comunità. Rama e Prianka abitano in una scuola frequentata dai figli degli immigrati bengalesi, che offre alle vedove originarie del Bengala alcune camere in affitto. Madre e figlia nella loro stanza cucinano, mangiano e dormono.

Mio marito se n’è andato quattro mesi fa. Ha detto che non vuole rivedere più né me, né la figlia. Mi sono trovata di colpo senza nessun sostegno economico. Non ero disposta a prostituirmi. Ho chiesto di potere salmodiare all’ashram in cambio di cibo e qualche soldo per pagare l’affitto. Qui a Vrindavan questo è l’unico modo per una donna sola di sopravvivere in modo onesto. A Calcutta ho due fratelli maggiori e mia madre anziana, ma non vogliono riprendermi con loro né aiutarmi. Non prendo nessun sussidio dallo Stato. Mi sono sposata a quattordici anni, mio marito ne aveva venti. Il matrimonio è stato un trauma dal primo giorno: non sono mai stata felice con mio marito. Non mi piace vivere a Vrindavan, non mi piace andare a salmodiare. Non so leggere e scrivere, e per Prianka sarà lo stesso, visto che non mi posso permettere di pagarle la scuola. In questa situazione sarà pure difficile trovarle un marito.

(*) La bambina allude al cicle-rikshò, una bicicletta a tre ruote adibita a trasporto passeggeri. A Calcutta circolano ancora rikshò trainati a mano, mentre nel resto dell'India sono proibiti perché considerati disumani.

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